Eroi Invisibili

Cosa è l’eroismo?

L’eroismo è, per sua definizione, un atto compiuto da persone che, con il loro coraggio e la loro abnegazione, hanno regalato alla storia qualcosa degno di essere ricordato. È per questa ragione che, quando pensiamo a memorabili personaggi storici riconosciamo, a diritto, eroi come Ettore, Enea, Martin Luther King, Nelson Mandela oppure i pompieri che l’11 settembre del 2001 hanno sacrificato la loro vita nel tentativo di salvare alcune delle potenziali vittime dell’attentato delle Twin Towers.

A mio avviso esiste però anche un eroismo più silenzioso, spesso noto a pochi, che è quello compiuto da persone normali che, in contesti decisamente anormali, hanno avuto il coraggio di documentare quanto stava avvenendo e quanto stavano provando. Quell’eroismo fatto di amore e umiltà volitiva nonostante l’illogico odio potesse legittimare l’abbandono di fede e speranza.

Uno di questi eroi è Rywka di cui, in modo del tutto fortuito e inaspettato, ho avuto il privilegio di leggere alcuni dei brani del diario. Un diario che, a leggere le innumerevoli vicissitudini che lo hanno accompagnato, mi sento di affermare che, quasi “a forza”, il fato ha voluto far arrivare ai nostri giorni e a me.

Rywka, che il 14 settembre di quest’anno forse ha compiuto compirà 89 anni, è una bambina di circa 15 anni che sta vivendo il feroce quanto triste dramma del ghetto di Lódź in Polonia, in piena seconda guerra mondiale. Siamo nell’aprile del 1944, Rywka ha già perso i genitori, nella szpera (termine polacco che significa all’incirca “coprifuoco”) del settembre 1942, il fratello (Abramek) e la sorella (Tamarcia); gli resta solo una sorellina, Cipka cui con tenacia, nonostante la sua giovane età, si prende cura.

La mia riflessione su Rywka non è tanto sul dramma dell’olocausto e neanche sulle tristi vicende che Rywka e milioni di altri ebrei hanno vissuto per opera dei nazisti; su tutto ciò credo che l’atteggiamento più rispettoso sia un umile silenzio, forse più eloquace delle parole.

La mia riflessione è su quanto Rywka è riuscita a partorire nel suo cuore nonostante quei tragici e funesti anni. Su quanto la sua disarmante umanità sia riuscita a far germogliare dal grigiore di quel triste e freddo contesto.

Qualcosa di sublime, coraggioso e, ancora oggi per me – e spero per molti – fonte di ispirazione! proprio come lo è un atto eroico!

“[…] A volte penso che la vita sia una strada buia. Su questa strada crescono fiori delicati. Sono fiori sofferenti, che non riescono a respirare per colpa dei rovi. Certe volte i rovi sono talmente invidiosi della loro bellezza da ferirli ancora di più. Ai fiori non resta altra scelta che diventare a loro volta rovi o camminare in silenzio in mezzo alle spine. Non sempre ci riescono, ma quando accade si tratta di un vero e proprio miracolo. E questi miracoli li compiono ogni giorno gli ebrei che sopportano in silenzio in vista di un fine più grande. Penso anche che la vita sia difficile e bellissima, e che ciascuno debba imparare a viverla a proprio modo. Ammiro le persone che hanno avuto una vita dura, che hanno conosciuto la sofferenza ma non si sono mai arrese. Sai, Surcia, quando leggo o sento parlare di quelle persone provo una strana allegria. Sì, per ché capisco che non sono la prima né l’unica ad aver sofferto tanto, e che non devo abbandonare la speranza. Ma non voglio parlare di me. Sai, quando mi sento davvero disperata penso alla vita. Ci rifletto su e mi chiedo: perché in questo preciso momento certe persone stanno piangendo e altre ridono? Alcuni nascono, altri muoiono o si ammalano. Chi nasce cresce, diventa adulto per vivere e per soffrire. Eppure, tutti vogliamo vivere, ci aggrappiamo alla vita con le unghie e con i denti. Un essere umano non può fare a meno di sperare (talvolta inconsciamente). Per quanto difficile, la vita è anche bellissima. Ha uno strano fascino.”

Appena adolescente, priva del calore dei suoi cari e di qualsiasi bene, Rywka affida alle pagine del suo diario e delle sue lettere la sua resistenza, la sua tenacia e la sua speranza. Non troviamo parole di odio o rancore, nessuna maledizione o ingiuria verso i suoi aguzzini. Solo parole di gratitudine per la vita e per le sue umane vicissitudini. Attraverso la metafora del rovo, Rywka ci offre un realistico affresco dell’odio, della privazione e dell’oppressione i cui era immersa e, nonostante ciò, ci parla di “fiori delicati”; raggi di sole che si fanno strada tra gli intricati inferi di quel groviglio.

“[…] Ecco secondo me è felice chi sa rialzarsi dopo una sconfitta – forse più felice di chi non è mai caduto, perché riesce ad apprezzare meglio la sua buona sorte. Ma la felicità ha molte altre sfumature: saggezza, pace interiore, serenità. La felicità più grande, però, la raggiunge chi ne è davvero consapevole, chi riesce ad apprezzarla nel profondo. Per esempio, per me una casa ben riscaldata sarebbe fonte di felicità, e perfino il più duro dei lavori potrebbe esserlo, se lo facessi per una persona a me cara. Non sarebbe una fatica, ma un autentico conforto. L’ho capito quando mamma era malata. All’epoca ero piccola, ma cercavo di fare tutto da sola… e ne andavo talmente fiera! Sapevo che mamma era contenta, e questo pensiero bastava a darmi forza.”

Un nuovo atto di silenzioso eroismo. La sua visione della felicità! Non una felicità figlia di ricchezza, benessere, soldi, prosperità e successo, ma una felicità che nasce dall’atto, dal dono, dalla consapevolezza del qui e ora – incerto a piacere – cui consegue esclusivamente il conforto, il sollievo dell’anima e dell’altrui benessere.

Avrei potuto scegliere innumerevoli altri brani del suo diario e, per ciascuno, enfatizzare l’invisibile eroismo di questa giovane donna di appena quindici anni, cui la vita ha rubato tutto, ivi compresa l’adolescenza e, stante la sua scomparsa, anche il futuro.

Non c’è pagina di questo diario che non mi abbia fatto riflettere e spesso commuovere. Ogni libro si sa è come un viaggio, un peregrinare verso lidi ignoti e lontani …. ma le parole di Rywka non mi hanno solo permesso di camminare tra le strade di Lódź. Attraverso le sue parole sono approdato nel suo invisibile mondo fatto di fede, speranza, solitudine e fragilità. Una umile e tenace ricerca di identità in un contesto completamente privo di punti di riferimento e abbandonato alla deriva del suo destino. Un contesto nel quale, come correttamente riporta l’introduzione del libro, si era completamente scardinato ogni ordine sociale e, nonostante ciò, lì, in quell’inferno, Rywka … con la sua più squisita umanità.

So che questa riflessione non rende giustizia né a Rywka né tanto meno a pagine così preziose miracolosamente sopravvissute al tempo. Le sue confessioni mi interrogano… “Quanti di noi, persi nel ritmo frenetico della moderna quotidianità, sono capaci di riflessioni e conclusioni così profonde? Quanti di noi, ansiosi di poter perdere, hanno in realtà perso la lucidità che, dall’inferno di quel ghetto, Rywka ci ha regalato?” Domande cui non è facile dare risposte. I pensieri spesso si confondono mischiandosi a contingenze e ricordi che disperdono i bassi rilievi delle esistenze di molti, Altri da noi. Quanto accade a me, tuttavia, non è importante; l’importante è dar voce a Rywka e, con lei, a tutti coloro che, con le loro storie, hanno condiviso qualcosa di bello, di importante, che risuona nel tempo; proprio come fanno gli atti eroici, risuonando per l’eternità.

E nel postare questo articolo, li ringrazio dal profondo e li abbraccio tutti!

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